Grosseto (Il Corriere di Maremma) di Mauro Barni
È realmente avvincente e provoca intensa emozione la lettura del bellissimo libro di Ivio Lubrani, dedicato ai Minatori del Giglio (Primamedia editore /Edizioni Effigi Siena-Grosseto 2012): una testimonianza lucida e appassionata di una vicenda collettiva, accettata con sofferenza ma per molti versi disperata che coinvolse per 25 anni, dal 1938 al 1962, la gente di quest’isola aspra e ritrosa, esclusiva e generosa: una gente perennemente rivolta al mare. E a un tratto coinvolta nella illusione mineraria.
Il privilegio di avervi potuto trascorrere tanti giorni per impegni di lavoro coinvolgenti e illuminanti, oltre a brevi periodi di riposo, mi ha consentito di percepire il carattere deciso ma sensibilissimo degli isolani, temprati dalle necessità di strappare dal mare, dalla poca terra coltivabile e poi dal sottosuolo ferroso, l’essenziale per vivere, e mi ha arricchito di ricordi non solo visivi. Il porto, ora offeso da un autentico monumento della stupidità umana, il castello medievale, l’aperta baia del Campese, e poi i poggi, le balze, i tortuosi sentieri, i vigneti appoggiati a pianori rocciosi sono visioni intense, soprattutto se colte sullo sfondo invernale inquieto e talvolta tempestoso, ovvero nelle stagioni di mezzo, allor che l’aria è ammorbidita da un sole ancora tiepido e carpisce, traslucida, il riflesso del mare. (…)