Serena Bedini

Gioco di ruolo

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Descrizione

Paola Neri, una redattrice freelance insoddisfatta della sua vita e del suo lavoro, durante una breve esperienza di viaggio, si perde e arriva per caso in un relais di lusso nel quale apprende di essere misteriosamente attesa. Stanca dal lungo percorso affrontato e incapace di chiarire l’equivoco per indolenza e insieme per codardia, si trova sempre più coinvolta all’interno di una situazione inaspettata e potenzialmente pericolosa che la induce a fingersi altro da sé e a cambiare completamente la sua vita. Un editore privo di scrupoli, la misteriosa morte di una donna e di un fotografo, le mire di guadagno di una serie di personaggi rendono la vicenda estremamente complessa e sinistra, considerando soprattutto che la verità non è mai assoluta, è solo una delle tante possibili chiavi di lettura. Paola si trova, dunque, a tutti gli effetti in un gioco di ruolo intricato del quale crederà di trovare il bandolo della matassa, ma sarà vero? E soprattutto la protagonista sarà in grado di uscire dal labirinto di menzogne che lei stessa ha contribuito a costruire?

Dettagli

Formato

13,5×21

Anno

2023

Pagine

248

ISBN

9788896905517

4 recensioni per Gioco di ruolo

  1. Valutato 5 su 5

    LEGGERE:TUTTI

    Paola Neri, redattrice freelance insoddisfatta della sua vita e del suo lavoro, durante una breve esperienza di viaggio, si perde e arriva per caso in un relais di lusso nel quale apprende di essere misteriosamente attesa. Non chiarisce l’equivoco per indolenza e insieme per codardia e si trova sempre più coinvolta all’interno di una situazione inaspettata e potenzialmente pericolosa che la induce a fingersi altro da sé e a cambiare completamente la sua vita. Un editore privo di scrupoli, la misteriosa morte di una donna e di un fotografo, le mire di guadagno di una serie di personaggi rendono la vicenda sempre più torbida. Questa la trama del nuovo romanzo di Serena Bedini, Gioco di ruolo, un noir che si svolge nelle atmosfere cupe della Foresta e trova la sua esplicazione in una trama sempre sul filo del rasoio tra realtà e suggestione, tra sospetto e paura. Ma è davvero successo quanto viene raccontato? O siamo solo caduti in un gioco della protagonista? E soprattutto Paola Neri è mai esistita?

    Queste le domande del romanzo che Bedini scrive con stile scorrevole, pulito, oscillando tra svolgimento della trama e domande legate all’etica e alla morale a cui solo il lettore potrà trovare risposta. Un elemento caratteristico dello stile è l’alternarsi di “stile indiretto libero” che svela i più intimi pensieri della protagonista, a momenti di narrazione a pause di riflessione che il narratore onnisciente fa per indurre spunti di riflessione: “In realtà aveva paura di confessare a se stessa di favorire quella situazione con il suo atteggiamento scioccamente remissivo e arrendevole; l’immobilismo e l’astenia che da anni sembravano serrarle la gola e soffocare la sua personalità erano i suoi principali carcerieri e lei – duole ammetterlo – era quasi desiderosa di lasciare che gli eventi continuassero a fluire per il verso sbagliato perché qualcosa la tratteneva dal ricondurli sulla giusta strada: era la protagonista di una storia non sua, ma che – si rese conto – non riusciva a imporsi di concludere” (pp.30-31).

  2. Valutato 5 su 5

    cinemonitor.it

    «In realtà aveva paura di confessare a se stessa di favorire quella situazione con il suo atteggiamento scioccamente remissivo e arrendevole; l’immobilismo e l’astenia che da anni sembravano serrarle la gola e soffocare la sua personalità erano i suoi principali carcerieri e lei – duole ammetterlo – era quasi desiderosa di lasciare che gli eventi continuassero a fluire per il verso sbagliato perché qualcosa la tratteneva dal ricondurli sulla giusta strada: era la protagonista di una storia non sua, ma che – si rese conto – non riusciva a imporsi di concludere» (pp.30-31).

    Con “Gioco di ruolo”, difficile negarlo, siamo dalle parti del romanzo di culto. Tra il noir e il mystery psicologico, se vi piacciono le categorizzazioni, apre il sipario direttamente sull’inconscio, si diverte a scompaginare schemi, figure e aspettative del lettore, che crede di sapere eppure sta per essere giocato. Nel mezzo della foresta, che (non) è soltanto un simbolo, troviamo Paola Neri, una redattrice freelance fotografata in un momento di stallo personale e lavorativo: è in viaggio, si perde, eppure arriva in un relais in cui la stanno aspettando. Il romanzo che Serena Bedini pubblica per “prima media editore” affascina, spiazza, pone domande mai banali su questioni fondamentali del nostro stare al mondo con la leggerezza tipica della letteratura scritta per restare.

    Con “Gioco di ruolo”, in libreria per i tipi di “primamedia editore”, entri letteralmente nella foresta, intesa come immagine simbolica delle paure dell’inconscio. Quanto la scrittura di questo romanzo è stata istintuale e quanto gli strumenti del genere hanno modellato vicenda e personaggi?
    Serena Bedini: La scrittura di “Gioco di ruolo” mi ha impegnato per cinque anni. Le prime venti pagine circa sono state molto istintuali. Ho cominciato “vedendo” una donna camminare sulle strade bianche della via Francigena (anche se nel romanzo non sono mai indicati chiaramente i luoghi), una pellegrina del nostro secolo. La vedevo stanca e dolorante per il percorso fatto sia materialmente, sia forse nella vita. Era affannata e accaldata: l’ho osservata persa a un bivio, indecisa su quale strada scegliere e, poco dopo, avendo intrapreso un sentiero, varcare la soglia del Relais in cui nel corso del romanzo avrebbe soggiornato. Istintivamente ho immaginato che a quel relais, in cui non avrebbe mai pensato di arrivare, fosse attesa. E da quel momento la sua vita e conseguentemente la scrittura del romanzo si sono complicate molto: così ho dovuto fare una progettazione abbastanza attenta che tuttavia l’istinto a volte cambiava e dunque ero costretta a riprogettare da capo le pagine successive. Tra l’ideazione e l’attuazione passa sempre la fase istintuale: i personaggi, come amo dire, sono vivi, decidono e prendono iniziative a proprio piacimento e costringono l’autore a rivedere i suoi piani.

    La girandola di suggestioni va da Dürrenmatt a Polanski, da du Maurier a De Palma, da Conrad a Siodmak: come si costruisce un romanzo come “Gioco di ruolo”, che è una gioia per chi ama quei mondi?
    S.B.: Devo confessare che non è stato facile perché come hai notato il cinema e la sua forza espressiva, ma anche la capacità evocativa di certi autori mi hanno influenzato indubbiamente. Ho giocato molto sulla trasformazione del personaggio, lenta e graduale a tratti, altrove rapida, quasi istantanea, così da cercare di suscitare in chi legge disorientamento, ma anche una certa inquietudine e, soprattutto, la convinzione che nella protagonista si celi un’altra personalità forse predominante. È stato affascinante, ma a tratti mi inquietava a tal punto costruire il succedersi delle scene da essere costretta a interrompere per giorni, a volte per mesi. Ci sono stati dei momenti in cui ho addirittura pensato di lasciar perdere perché era un lavoro gravoso e cupo, era uno scavare in sé stessi, alla ricerca di un altro volto, di un altro modo di essere che a mio avviso ognuno nasconde nella propria interiorità, ma a volte è doloroso dover scoprire.

    C’è una qualità che definirei quasi cinematografica nella spazialità che crei. Parliamo del tuo rapporto con il cinema e, in special modo, della componente visiva di questo romanzo?
    S.B.: A me piacciono i film lenti e introspettivi e quando scrivo questo tipo di interesse torna in superficie. Il mio romanzo all’inizio è lento, fatto di descrizioni che mostrano l’io della protagonista, lo scandagliano, lo denudano agli occhi del lettore. È la stessa sensazione che provo ogni volta in cui guardo primi o primissimi piani, momenti di silenzio descritti in campi lunghi, inquadrature soggettive dei personaggi. Nei miei romanzi cerco di ricreare con le descrizioni le stesse sensazioni: del resto è anche il mio approccio nell’osservazione del mondo e degli altri, il mio modo di percepire quanto si muove, vive, è intorno a me.

    Senza svelare nulla della trama, si potrebbe affermare che “Gioco di ruolo” è un romanzo di matrice più anglo-americana che italiana, eppure nei cambi di passo e in alcune asprezze si va verso certo Landolfi… Qual è il tuo rapporto con il fantastico letterario tout court e con quello italiano?
    S.B.: Grazie per questa domanda perché significa che hai colto moltissimo di quanto volevo esprimere. Amo il fantastico e Landolfi c’è, almeno in parte della progettazione iniziale, con Racconto d’autunno. Luzi definì la scrittura di Landolfi “tenebricosa” e io, quando ancora scrivevo “Gioco di ruolo” e ne parlavo, dicevo scherzosamente di essere nel mezzo della redazione di un romanzo “tenebricoso”. La Foresta è un non-luogo che rappresenta da un lato l’interiorità dall’altro un posto fagocitante e terribile, che nasconde il segreto di ciò che non riusciamo a comprendere, che cela le nostre paure, i nostri incubi, le nostre incertezze. In generale, molti dei luoghi descritti, per quanto ispirati da posti che esistono nella realtà, sono metafore per scenari interiori e nello stesso tempo vogliono tradurre quella quantità di turbamenti che spesso riescono nel fantastico a creare suggestioni affascinanti.

    Alterni saggi e narrativa, che scrittrice sei e a cosa stai lavorando ora?
    S.B.: Sono molto poliedrica, tuttavia “Gioco di ruolo” è stato un passaggio essenziale che mi ha fatto crescere molto stilisticamente e mi sta proiettando verso nuove idee. A breve uscirà un romanzo a bivi che si rivolge al realismo magico, e del resto nei romanzi fin qui avevo oscillato tra la commedia e il realismo magico, varcando con Gioco di ruolo il confine e sfociando in un ambito che appartiene al fantastico autentico, quello di stampo anglo-americano, come giustamente hai notato, oppure che si rifà alla scuola di Landolfi in Italia. Per la saggistica, amo la narratologia e la critica letteraria, i miei due ambiti di riferimento, e quindi tra poco pubblicherò un manuale sull’autobiografia a cui tengo molto per il taglio legato al contemporaneo che ho dato. Attualmente ho cominciato a scrivere un nuovo romanzo che si preannuncia ancora una volta psicologico e inquietante, più per le risposte a cui giungeranno i personaggi che per la realtà effettiva della vicenda.

  3. Valutato 5 su 5

    bookforeverblog.wordpress.com

    La vita è un gioco, talvolta pericolo, altre volte divertente e sorprendente. Seguiamo indizi, percorriamo strade e ci arrestiamo innanzi ai proverbiali incroci dell’esistenza, indecisi su quale sia la via migliore da intraprendere, spaventati e allo stesso tempo eccitati dalle conseguenze. Il più delle volte la scelta della direzione da prendere dipende solo da noi, ma capita anche che il destino ci imponga di lasciarci andare, come fossimo fiori finalmente recisi dal gambo, liberi almeno per un po’ di correre veloci, sospinti nel cielo della vita dalla forza degli eventi, dimentichi del passato che ci lasciamo alle spalle, inebriati dall’imminente cambiamento che ci attende.

    A volte per cambiare vita basta davvero poco. Salire su un treno che rischiavamo di perdere, oppure accettare un invito a cena o una proposta di lavoro. E ancora: attraversare la strada per ritornare nel quartiere dove siamo cresciuti o fare quel viaggio di cui fantastichiamo da sempre ma che non abbiamo mai avuto il coraggio di fare. C’è una sola regola da rispettare: stare al gioco e rinunciare, almeno per un po’, alle certezze su cui abbiamo edificato la nostra esistenza. Proprio come decide di fare Paola, la protagonista del nuovo romanzo di Serena Bedini, pubblicato da Primamedia Editore.

    Paola è una redattrice freelance, possiede un piccolo appartamento, ha delle amicizie che frequenta quando può e corre costantemente dietro il tempo che non basta mai, i conti da far quadrare a fine mese, gli impegni inderogabili e i capricci dei clienti. Un’esistenza tutto sommato normale, forse banale, di certo simile a quella di tanti altri, di chi prova a barcamenarsi in attesa di una svolta che tuttavia non arriva mai, se non nelle proprie fantasie, in quella porzione di cuore in cui i sogni ci mantengono aggrappati alla speranza che un cambiamento prima o poi verrà a bussare alla nostra porta.

    Il bisogno di interrompere almeno per qualche giorno quel meccanismo di quotidiana accettazione della propria condizione, sempre più simile ad un grosso macchinario che rischia di stritolarla, spinge Paola a osare l’impensabile, mettersi sulle spalle il vecchio zaino rimasto sepolto in soffitta e intraprendere un viaggio, di quelli che vanno fatti in solitaria, senza un cellulare e un recapito. Non è una fuga, questo no. Paola sa che a un certo punto dovrà fare ritorno, eppure la sensazione di crescente libertà la spinge a camminare, macinare chilometri, sfidare la propria condizione sedentaria, mettersi alla prova, emotivamente prima ancora che fisicamente.

    Paola non ha una meta ben definitiva, in fondo si tratta solo di aumentare il più possibile la distanza con la vita che si è lasciata dietro, lontana da tutto e tutti. Ma nemmeno un percorso senza coordinate geografiche è davvero privo di un punto d’approdo e nel caso di Paola assume la dimensione elegante e confortevole di un relais, una di quelle strutture destinate ad accogliere i turisti come piccoli paradisi stracolmi di confort. Nulla di strano, se non fosse che Paola scopre di essere attesa. Proprio lei, l’ordinaria scrittrice per procura, la donna insoddisfatta e rassegnata, quella che ha messo in stand-by il lavoro e che non ha nemmeno avuto bisogno di salutare gli amici. Per lei lo staff del relais ha riservato una suite e ogni possibile lusso. L’equivoco è fin troppo palese, eppure qualcosa le impedisce di chiarire fin da subito l’evidente scambio di persona, forse per paura di collezionare l’ennesima brutta figura, forse perché quell’incidente in fondo così comico ha risvegliato in lei un bisogno, quello di essere riconosciuta per il proprio valore.

    Desiderio di rivalsa, voglia di rischiare, incapacità di governare gli eventi. Qualunque sia la ragione, Paola accetta i benefici di quella situazione surreale e inaspettata e il lettore fa il tifo per lei perché sa che lo merita, perché tutti abbiamo desiderato essere per una volta quel qualcuno a cui ci si rivolge con deferenza e al quale tutto è dovuto. Ma la vita è un gioco, lo abbiamo detto fin dall’inizio, e se le regole sono quelle del labirinto allora il paradosso di essere una nuova Paola non potrà che generare fraintendimenti e addirittura pericoli, perché a Serena Bedini piace contaminare gli iniziali toni da commedia degli equivoci con le tinte più forti del thriller, quello in cui si rischia letteralmente la vita e il prezzo da pagare è l’accettazione di compromessi e lusinghe.

    La misteriosa morte di una donna, un editore senza scrupoli, il furto di alcuni libri da una biblioteca, un delitto del passato rimasto irrisolto. Sono molti i tasselli che gradualmente iniziano a comporre un quadro sempre più inquietante nel quale l’esistenza di Paola sembra precipitare inesorabilmente tra le spire di un labirinto senza vie d’uscite. Tuttavia Gioco di Ruolo non è il solito giallo e la trama in stile crime è solo l’espediente narrativo attraverso cui l’autrice accompagna il lettore in un percorso ben diverso, più profondo. Paola è il soggetto di una riflessione che si dipana per tutta la durata del romanzo, lo specchio nel quale Serena Bedini mette in luce il malcontento che emerge ogni qualvolta ci sentiamo soffocati da un’esistenza che non ci rappresenta e che vorremmo cambiare, giungendo alla fatidica affermazione: lo desidero ad ogni costo!

    Il lavoro che è solo un ripiego, la negazione delle proprie ambizioni, una pletora di conoscenze alle quali ci si aggrappa solo per tenere la solitudine a debita distanza. La nostra stessa immagine che sembra volerci suggerire una forma di distacco dalla parte più autentica e vera che avremmo voluto coltivare, nutrire e infine far sbocciare e che invece è rimasta intrappolata negli anfratti di scelte sbagliate o subite. Una vita che somiglia a un gioco di ruolo nel quale ci siamo auto-imposti di interpretare un personaggio il cui nome, per quanto identico al nostro, non ci rappresenta più e dal quale vorremmo separarci pur non avendone davvero il coraggio, almeno finché un bivio non ci offre finalmente l’opportunità di compiere un atto apparentemente banale come la scelta di una strada e che invece è il più grande gesto rivoluzionario di cui possiamo farci dono.

    Il romanzo della Bedini è un viaggio nelle emozioni sopite, nelle scelte negate, nel bisogno di rompere gli schemi e mandare in pezzi il quadro solo in apparenza idilliaco che chiamiamo esistenza, vita quotidiana, appagamento. L’empatia tra Paola e il lettore è assicurata non solo dal talento dell’autrice, capace di costruire un personaggio efficace e una trama coinvolgente, ma anche dall’evidente connessione tra lo spirito della protagonista e il nostro, perché siamo tutti in attesa dell’occasione giusta e un po’ folle che ci consenta di cambiare direzione.

    Non è dato sapere se sarà quella giusta o sbagliata, ma poco importa. Gioco di Ruolo non offre risposte né certezze, non ci dice se Paola sceglierà la via migliore, ma ci conferma che a contare è proprio quel piccolo passo verso l’ignoto che, pur fra mille dubbi, è l’unico che possa condurci fuori dal labirinto, lontani dagli affanni della vita, dalle storture che abbiamo imparato ad accettare, da quell’immagine nello specchio con cui talvolta ci pare di avere in comune solo un nome e un cognome e poco più.

  4. Valutato 5 su 5

    Domenico Guarino

    Cos’è davvero quella che chiamiamo verità? E chi siamo (davvero) noi? Possiamo dire sinceramente di conoscerci (davvero)? Gira intorno a queste suggestioni il nuovo romanzo dell’amica e collega Serena Bedini che, lo scrivo subito, vi consiglio di leggere assolutamente. Un romanzo dalle fortissime suggestioni cinematografiche, che si beve come acqua fresca in un pomeriggio assolato. Scritto con una sapienza e un’ eleganza non comune, Gioco di Ruolo, immerge il lettore in un’atmosfera via via più intrigante, in cui i colpi di scena, mai forzati, lo conducono per mano attraverso riflessioni mai banali e suggestive descrizioni. Potrei scrivere molto altro, ma preferisco lasciare che voi lo scopriate in prima persona. Buona lettura.

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