Alta fedeltà (blog.stefanotesi.it) Il senese Roberto Guiggiani – giornalista e manager – affida a un libello le riflessioni accumulate in un anno di blogging dedicato alle problematiche del turismo in Toscana, che cresce “nonostante la politica”. Ma il discorso si potrebbe allargare alla penisola. Che c’è di strano se il top manager di una grande azienda vinicola pugliese ti porta in giro per mezza regione a conoscere non solo altre aziende, ma altre realtà del territorio incluse strutture ricettive, ristoranti, produttori agricoli, località turistiche, agriturismi e addetti ai lavori? Lo strano è che lo faccia e che la sua convinzione sia quella, da molti spesso predicata a parole ma poco nei fatti, della necessità di fare rete sul territorio medesimo. Il soggetto in questione è Peppino Palumbo, AD di Tormaresca, galassia Antinori. Vi chiederete che c’entra tutto ciò con il titolo di questo post. E invece c’entra. Perchè il libello cui si accenna nel sommario me lo sono letto proprio durante un recente soggiorno in Puglia e fare confronti e ragionamenti paralleli è stato spontaneo. Partendo da un punto: il turismo, forse la maggiore industria mondiale, è al tempo stesso una cosa semplice fino ai limiti della banalità per la gente comune, un settore estremamente complesso e delicato per chi lo studia e lo gestisce. Nel mezzo sta la gran massa di improvvisatori, di fruitori di rendite di posizione, di aspiranti ai soldi facili, di gente che crede che tutto sia fermo e tale resti nei secoli. Diciamoci infatti la verità: stando a sentire le considerazioni medie di un operatore medio del turismo italiano, la sensazione che spesso si prova è quella che il nostro paese sia ancora ai tempi in cui si pensava di truffare gli americani gonzi vendendogli il Colosseo o gli ignari tedeschi spacciandogli per genuino il salame del supermercato. La cronaca offre quotidiani spunti in tal senso, inclusi i conti gonfiati dei ristoranti e i coni gelato venduti al prezzo del caviale. L’impressione non cambia quando la parola passa a politici e pubblici amministratori, tutti bravi a riempirsi la bocca col turismo ma con la competenza di chi, al massimo, in vacanza è stato qualche volta al mare in colonia. Insomma, un disastro.
Roberto Guiggiani, un senese che il turismo lo ha bazzicato in molte vesti (da giornalista a direttore di apt, da agente di viaggio a docente di marketing territoriale), tutte queste cose le conosce benissimo e per un anno le ha contemplate da osservatore disincantato attraverso le pagine di un blog, ora condensate in un volumetto intitolato “Vacanze Toscane” (Primamedia Editore, 80 pagine, 10 euro). Dal quale esce un quadro chiaroscurale la cui sintesi potrebbe essere la seguente: in Toscana il turismo regge nonostante tutto. Nonostante, cioè, la retorica, l’insipienza del settore pubblico, la scarsa professionalità di molti operatori e le strumentalizzazioni di un settore che torna sempre buono evocare tanto in campagna elettorale quanto nei TG in mancanza di altre notizie. Ma nel pamphlet c’è di più. Un’intuizione che mi sento di condividere grandemente. Quella che, per il turista straniero, l’Italia è e rimane “un’immensa Toscana mentale più Roma e Venezia“. Può darsi che si tratti di una banale leva di marketing ma, nel marketing, ciò che funziona non è mai banale e questa certamente funziona. Quello che rischia di vanificarne l’effetto è la scelta suicida, che Guiggiani sottolinea, compiuta dal nostro paese nell’abolire il Ministero del Turismo e nei successivi vent’anni di palleggiare la responsabilità del settore tra formule fantasiose di sottosegretari, dipartimenti, accorpamenti ministeriali e altre trovate di ingegneria burocratica. Inclusa quella – e anche qui concordo di nuovo al 100% – di riunire sotto lo stesso dicastero cultura e turismo, che “sono due mondi lontanissimi, con dinamiche e logiche molto diverse tra loro…c’è solo una piccola area in cui effettivamente interagiscono“. Così ripenso all’esperienza pugliese, a un altrettanto recente esperienza veneta, ai discorsi sul “fare sistema” e soprattutto al problema, assai sottovalutato, di individuarlo e circoscriverlo, questo benedetto sistema turistico. Anche se abbiamo un’Expo intera per pensarci.
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